AmbienteCronacaUmbria

Metano, Legambiente: “Perdite anche in Umbria, servono interventi immediati”

Il monitoraggio nelle infrastrutture del mostra concentrazioni anomale. “Il 40% delle emissioni globali poteva essere evitato a costo zero”, denuncia l’associazione

Su 12.857 punti di misura validi monitorati da Legambiente in cinque infrastrutture del gas nella provincia di Perugia, 4.617 hanno registrato concentrazioni basse di metano (tra 10 e 100 ppm), 31 con valori medi (tra 100 e 1.000 ppm) e due con concentrazioni alte, ossia superiori a 1.000 ppm. In particolare, su 18 elementi analizzati nel dettaglio, 11 hanno mostrato perdite irrilevanti, mentre sette presentano livelli considerati di livello basso.

I numeri arrivano dal monitoraggio realizzato da Legambiente tra il 21 e il 23 ottobre, in occasione della settima tappa di “C’è Puzza di Gas – Per il futuro del Pianeta non tapparti il naso”, la campagna nazionale con cui l’associazione ambientalista denuncia i rischi legati all’estrazione, al trasporto e alla distribuzione di gas fossile in Italia, evidenziando le perdite e i rilasci di metano attraverso monitoraggi delle infrastrutture della filiera. La tre giorni di Legambiente in Umbria si è conclusa giovedì con un tour a Foligno, che ha coinvolto due infrastrutture della rete del gas: un impianto REMI della rete di trasporto e una cabina di regolazione e misura della rete di distribuzione. L’iniziativa ha avuto l’obiettivo di mostrare sul campo il problema delle piccole emissioni di metano, ma anche di avviare un confronto concreto sulle soluzioni già disponibili per contrastare le fughe di gas e accelerare la transizione energetica.

I dati raccolti vanno considerati con cautela, in quanto gli operatori hanno rilevato le emissioni restando all’esterno del perimetro degli impianti, ossia mantenendo una certa distanza tra lo strumento di rilevazione, il cosiddetto “naso elettronico”, e il punto effettivo dell’emissione. Difatti, se il monitoraggio fosse stato condotto a un metro di distanza, la distribuzione dei valori sarebbe cambiata significativamente: lo 0,4% dei punti sarebbe stato classificato come “alto”, il 49,3% come “medio”, il 45,1% come “basso” e solo il 5,2% come “irrilevante” sul totale dei quasi 13 mila punti di misura validi.

“Con la nostra campagna di monitoraggio vogliamo promuovere una maggiore trasparenza, controlli più severi, interventi su tutte le perdite e l’eliminazione dei costi in bolletta per le famiglie, considerando che, secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia, nel 2024, il 40% delle emissioni globali di metano legate a questo gas fossile avrebbe potuto essere evitato a costo netto zero, favorendo al tempo stesso la transizione verso fonti energetiche più sostenibili” – sostiene la responsabile energia di Legambiente, Katiuscia Eroe -. Non c’è tempo da perdere: il metano rappresenta una minaccia sempre più rilevante per il clima, come mette in evidenza la crescita della sua incidenza sul totale delle emissioni di gas serra: dall’11% nel 1990 si è passati al 14% nel 2023. Un andamento purtroppo non casuale: l’assenza di regole stringenti, unita alla spinta verso la costruzione di nuove infrastrutture legate al gas – come nel caso della Sardegna, della dorsale adriatica e dei rigassificatori – continua ad alimentare la dipendenza dalle fonti fossili e rischia di compromettere gli obiettivi climatici raggiunti fino a oggi”.

“I dati raccolti pongono l’attenzione su una problematica spesso sottovalutata anche in Umbria: eppure le infrastrutture e l’uso del metano un impatto notevole ce l’hanno ed è al contempo sia ambientale che economico, anche se molto poco percepito nel dibattito pubblico, molto più concentrato a volte nell’esaltare l’impatto presunto o reale delle rinnovabili” – aggiunge il presidente di Legambiente Umbria, Maurizio Zara.

Emissioni di metano, le criticità più evidenti.

In provincia di Perugia, Legambiente ha effettuato le rilevazioni presso tre siti nel comune di Foligno – un impianto di regolazione e misura della rete di trasporto, una cabina REMI della rete di distribuzione e una stazione di valvola nella frazione di Vescia – e due a Spello: un impianto di regolazione e misura e una stazione di valvola. Sul totale degli impianti, due sono quelli che hanno presentato concentrazioni più significative, entrambi collocati a Foligno. Nell’impianto di regolazione e misura della rete di trasporto sono stati monitorati otto elementi totali, di questi una valvola ha registrato il valore massimo di 343 ppm, ossia una concentrazione di metano classificata di livello medio. Nello stesso impianto, una flangia ha mostrato un picco di 104 ppm, sempre un livello medio di concentrazione. Più critica la situazione riscontrata presso il REMI della rete di distribuzione di Via Anastasi: in prossimità di una flangia, il punto di misura massimo è stato di 1.640 ppm, registrando quindi una concentrazione di metano di livello alto. Inoltre, su due flange, la massima concentrazione è stata 90 ppm. Da segnalare anche il picco toccato a Spello presso un impianto di regolazione e misura: qui un camino d’uscita ha raggiunto un massimo di 642 ppm (livello medio). Il monitoraggio di Legambiente è proseguito presso la stazione di valvola di Spello, dove sono stati esaminati due elementi: qui il massimo è stato pari a 53 ppm (concentrazione di livello basso). Infine, nella stazione di valvola di Vescia, nella frazione di Foligno, il monitoraggio del Cigno Verde si è concentrato su due elementi, dove il massimo registrato è stato 31 ppm (livello basso).

Il metano è un rischio per il clima e per la salute.

Secondo l’IPCC, il gas fossile è responsabile di oltre un terzo del riscaldamento globale ma è anche tra le leve più efficaci e a basso costo per raggiungere gli obiettivi climatici, dopo solare ed eolico. Ecco perché ridurne le emissioni è cruciale per la decarbonizzazione, con effetti rapidi sul clima. Non bisogna sottovalutare che le perdite lungo la filiera fossile sprecano risorse e producono ozono troposferico, una sostanza nociva per la salute e l’agricoltura. Contenerlo significherebbe evitare 70.000 morti premature l’anno nell’UE e danni agricoli pari a 2 miliardi di euro.

Nota metodologica: Tutti i monitoraggi sono stati effettuati attraverso l’uso di un “naso elettronico” che sfrutta le caratteristiche del metano assorbendo il raggio laser (a infrarossi) di una specifica lunghezza d’onda (tecnologia di assorbimento a infrarossi). Il raggio laser diretto su parti delle infrastrutture, come tubature del gas o flange, riflette un raggio diffuso dallo stesso elemento e ricevuto dallo strumento come fascio riflesso che misurerà l’assorbenza del fascio, che sarà poi calcolata in densità della colonna di metano (parti per milione per metro – ppm*m).

Dividendo la concentrazione in ppm*m per la distanza stimata in metri tra lo strumento e l’elemento monitorato, si ottiene una stima della concentrazione media lungo il percorso ottico del laser tra lo strumento e l’elemento monitorato in ppm (parti per milione), l’unità di misura più comunemente utilizzata a livello internazionale per valutare le fuoriuscite di metano.

In analogia con le soglie di riferimento impiegate nel settore della sicurezza industriale e tenendo conto che la concentrazione di metano nell’atmosfera terrestre è in media pari a circa 2 ppm, le concentrazioni rilevate possono essere classificate secondo la seguente scala:

· Fino a 10 ppm – valori localmente compatibili con la normalità o solo lievemente elevati → IRRILEVANTE
· Da 10 a 100 ppm – indicativi di potenziali rilasci da impianti o infrastrutture → BASSO
· Da 100 a 1.000 ppm – segnalano la presenza di una perdita significativa → MEDIO
· Oltre 1.000 ppm – indicano un’emissione importante, con possibile rischio di fenomeni pericolosi (es. esplosioni) → ALTO

A questo si aggiunge la soglia di 500 ppm, al di sopra della quale, secondo quanto previsto dal Regolamento europeo sulle emissioni di metano, l’impresa è obbligata a intervenire per riparare o chiudere il punto emissivo.

La terza edizione della campagna nazionale di Legambiente “C’è puzza di gas – Per il futuro del Pianeta non tapparti il naso” è realizzata quest’anno grazie al supporto di Environmental Investigation Agency nell’ambito della Methane Matters Coalition. Le tappe: dopo la Basilicata, il Piemonte, la Campania, le Marche, la Lombardia, il Veneto e la settima tappa in Umbria, l’edizione 2025 della campagna terminerà con i monitoraggi in Calabria.

Foto Freepik


© Riproduzione riservata

Articoli Correlati

BNCom
Pulsante per tornare all'inizio
Chiudi

Adblock rilevato

UmbriaSocial vive anche grazie ad annunci e sponsor, per favore, disabilita il tuo AdBlock per continuare